Emiliano De Bianchi, Sport and Fitness Manager
Emiliano De Bianchi, Contatti
Notizia 27/09/2020

LO SPORT FA MALE





LO SPORT FA MALE!

Da dove cominciare per esprimere un concetto che è apparentemente contrario (nemmeno tanto) a quello che faccio da sempre come lavoro?

Prima di entrare in pieno nell’argomento ci vuole, come in ogni sessione di allenamento, un po’ di riscaldamento.
Da qualche anno a questa parte lo sport è diventato di tutti. Si!...Samo proprio diventati tutti sportivi! Dal professionista, al dilettante, all’amatore, al praticante occasionale, a chi gioca a calcetto una volta a settimana, a chi corre o va in bici per il gusto di farlo e persino a chi guarda la partita in televisione e ovviamente, compra il giornale o guarda i programmi a tema il giorno dopo per discuterne al bar insieme ad altri sportivi come lui. Italiani popolo di santi, poeti, navigatori…e sportivi! Anche il termine “fitness” in tutte le sue declinazioni, che poi vuole significare un non ben identificato equilibrio di benessere psicofisico (che poi non si sa in base a che cosa - ndr), ne è stato inglobato.

Effettivamente con il termine “sportivo” oggi si raccoglie sia chi pratica che chi assiste alla pratica, insomma un po' come dire che anche il guardone la può raccontare come sua. Questo potrebbe essere giusto in quanto il termine inglese “sport” deriva a sua volta dal francese “desport” e da quello italiano “diporto” che nella sua accezione originaria avrebbe il significato di “distensione”, “ricreazione”, “svago” (mi sa tanto che il guardone aveva ragione).

È solo negli ultimi decenni che con il termine “sport” si fa riferimento in modo più specifico a gestualità determinate, giuochi di squadra e individuali con finalità competitive (ciao ciao De Coubertin). Qualunque attività sportiva è disciplinata e supervisionata da “enti” o “federazioni” che ne definisce i regolamenti e ne stabilisce i parametri. Chiunque pratichi uno sport lo fa con intenti e regole ben precise, all’interno di una organizzazione ben strutturata e seguendo protocolli di allenamento orientati a migliorarne le abilità specificatamente richieste da quella “disciplina sportiva”.

Ma perché parlare di tutto questo? Semplice, perché il significato che diamo alle parole condiziona la percezione del loro stesso significato. Parlare di sport e parlare di fitness, non è la stessa cosa! Questo genera un grande errore che troppo spesso si ripercuote sull’operato stesso di chi lavora nel settore e di chi usufruisce di determinati servizi.

Un atleta è un atleta, un praticante di fitness “non è un atleta”!
Uno sportivo ha obiettivi specifici, gestualità specifiche e parametri valutativi di quello che fa. Si allena, mangia, dorme, insomma vive per quello che fa. Sa benissimo quanti sacrifici, quante rinunce e quanti dolori voglia dire fare sport.

Un praticante di fitness ricerca altro e cioè una migliore condizione fisica attraverso lo svolgimento di “attività motoria” controllata e calibrata in funzione del suo stato di partenza e della sua quotidianità.
In quanto operatori di questo settore (e dico tutti gli operatori dai proprietari ai tecnici) abbiamo l’obbligo morale di assolvere ad un ruolo importantissimo, cioè quello di realizzare spazi/strutture dove attraverso le giuste competenze far fare alle persone quello che i tempi moderni e la tecnologia non consentono più…un po' di sano movimento per provare a garantire loro uno stile di vita il meno possibile sedentario! La principale causa di mortalità nei paesi industrializzati rimangono le malattie degenerative dell’apparato cardiovascolare e le cause sono da imputarsi a cattiva alimentazione in primis e poi la sedentarietà (buttate quei tablet ai vostri figli e dategli un pallone cavoli!).

Allontanandoci per primi dal concetto che chi viene da noi in palestra fa “sport”, riusciremmo ad osservare le persone che a noi si affidano per quello che sono, cioè individui che non hanno bisogno di programmi orientati a sollevare sempre più peso o saltare su box sempre più alti (Gradone! Si dice Gradone…per me il box è dove metto la macchina) ma persone che grazie ai nostri consigli e strumenti diventino più “abili” nelle normali attività quotidiane nella - loro - vita quotidiana.

Oggi più che mai tanti, anche in palestra si sentono atleti. Le attività del “funzionale” hanno aperto i cancelli alle più disparate forme di allenamento che fino a qualche anno fa erano conosciute solo da chi praticava sport, parlo ad esempio del CrossFit con l’apertura opportuna ma indiscriminata alle discipline di sollevamento pesi per il miglioramento della forza (ma poi di quanta forza ha bisogno Mario per giocare con il figlio a palla?). Parlo del Calisthenics con i suoi adattamenti (scimmiottamenti) ripresi dalla Ginnastica Artistica. Alle gare Spartan o OCR dove ahimè gli infortuni sono all’ordine del giorno (ma si…io lo faccio solo per divertirmi con gli amici… scusate questa è colpa mia). Ma ce ne sarebbero infinite, dalle arti marziali alla danza, alle arti circensi ecc. ecc. Fatte salve le competenze e la bontà delle attività menzionate, rimane il fatto che per fare certe cose serve una dose di preparazione che va ben al di là delle poche ore trascorse in palestra.

Ma siamo noi operatori i primi a cadere in questo tranello linguistico, in questo atto “perlocutorio” ossia dove la parola diventa azione… se uno viene in palestra diventa uno sportivo.
Se la smettessimo di farlo riusciremmo a vedere realmente quello di cui le persone hanno bisogno e soprattutto il ruolo fondamentale che ricopriamo. Non siamo preparatori fisici (almeno non tutti e chi si comporta come tale lo fa assumendosi le proprie responsabilità), non siamo fisioterapisti (almeno non tutti e chi si comporta come tale lo fa assumendosi le proprie responsabilità), non siamo competenti su tutto ciò che riguarda il movimento ed alimentazione (almeno non tutti e chi si comporta come tale lo fa assumendosi le proprie responsabilità), non siamo medici (almeno non tutti e chi si comporta come tale lo fa assumendosi le proprie responsabilità). E comunque sia anche se lo fossimo, non è la palestra il posto giusto (Se ho bisogno di un fisioterapista andrò in un centro fisioterapico…Di tre etti di salame, andrò dal salumiere…ecc. ecc.).

Siamo ogni tanto Dottori in Scienze Motorie (ma questo non ci dona l’onniscienza), abbiamo tutti partecipato a corsi di formazione specifica (ma questo ci regala un solo piccolissimo punto di osservazione). Siamo sicuramente persone che hanno una grande opportunità/responsabilità, quella di poter far comprendere l’importanza di una sana “attività motoria” che sia differente per chiunque, giovane o vecchio, donna o uomo, sedentario o meno, ecc. ecc. Smettiamola di pensare ai nostri clienti come i nostri “allievi” o peggio ancora ai nostri “atleti”. Questo genera una visione distorta! Se noi abbiamo una visione distorta il rischio è di perdere clienti (poco male) o peggio ancora di fare male a qualcuno (fallimento più totale).

Non pieghiamoci alle tendenze di un mercato, quello del fitness, che ingloba tutto ciò che fa tendenza. Non dobbiamo pensare che il benessere venga garantito dalla grande azienda con le sue macchine strafighe e piene di lucine, pubblicizzate con testimonial, guarda caso, l’atleta famoso. Cominciamo a pensare di far avvicinare le persone parlando di “attività motoria”, perché la palestra ha un unico scopo quello di far vivere meglio la quotidianità attraverso un’importantissima attività di prevenzione per salute.

In conclusione “non è vero che lo sport fa male ma è vero che l’attività motoria fatta male fa male!”
A presto.



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